Tunisia: “Abbiamo perso le nostre illusioni, i nostro sogni sono realistiˮ Intervista con Rym Ben Fraj
Milena Rampoldi: Quali sono i problemi principali della nuova generazione in Tunisia?
Rym Ben Fraj: La marginalizzazione economica, sociale e dunque politica e culturale.
La gioventù che ha fatto la rivoluzione non ha alcuna rappresentanza in parlamento o al governo. Ci sono almeno 250.000 diplomati disoccupati.
In certe regioni la disoccupazione raggiunge l’80% dei giovani.
La sola alternativa possibile – l’immigrazione clandestina – viene resa impossibile dal muro elettronico di Frontex nel Mediterraneo.
I giovani che si rifiutano di farsi reclutare dallo Stato Islamico non hanno più altro obiettivo che la rivolta.
Ma anche se organizzano una rivolta, lo stato non è in grado di soddisfare le loro rivendicazioni: una delle condizioni poste dalla Banca mondiale per i crediti concessi alla Tunisia consiste nel blocco delle nuove assunzioni nel settore pubblico.
Inoltre il livello di molti diplomati disoccupati è abbastanza basso, a causa della politica di Ben Ali che facilitava il passaggio dal liceo all’università per migliorare le statistiche della Tunisia nell’indice dello sviluppo umano. La privatizzazione passo per passo dell’insegnamento e la corruzione generalizzata non fanno che aggravare la situazione.
Sono due i settori che approfittano di questa situazione: le multinazionali, soprattutto europee, e le fondazioni occidentali, in particolare tedesche ed US-americane.
Le prime trovano mano d’opera qualificata a buon mercato che lavora nelle fabbriche vicine al mercato europeo, e le seconde reclutano degli agenti tunisini per realizzare i loro programmi di influenza (nel nome dei diritti umani, della cittadinanza, dell’emancipazione femminile, dei media cittadini, ecc.).
Questo in pratica significa che se hai 25 anni, un livello di baccalaureato +3 e cerchi un lavoro, puoi scegliere tra lavorare in un call center 6 giorni su 7 per 300 euro al mese o di lavorare per un’associazione sovvenzionata, senza contratto e senza contributi, per 400 o 500 euro al mese. Lo Stato Islamico paga più o meno gli stessi salari. I nostri deputati hanno appena votato un aumento dei loro salari e dunque loro guadagneranno 2 000 euro al mese.
La gioventù marginalizzata è continuamente molestata dalla polizia. Infatti i metodi polizieschi dell’era Ben Ali sono rimasti invariati: violenze, detenzioni arbitrarie, torture e maltrattamenti, per farla breve HOGRA (disprezzo per i disereditati).
Un esempio: un giovane di Kasserine o di Gafsa o di Jendouba (città della Tunisia profonda) si trova sull’Avenue Bourguiba nel centro di Tunisi. Viene interpellato dalla polizia, e non appena sulla sua carta di identità si vede da dove viene e che non è della capitale, nel migliore dei casi ci si accontenta di insultarlo, dicendogli di tornarsene “a casa sua”, ma spesso passa una notte in cella. Come dice mio padre, “Praticamente per spostarsi all’interno di questo paese si ha bisogno di un visto”.
Secondo esempio: una donna di 30 anni torna a casa in taxi, da sola o accompagnata verso mezzanotte: viene fermata dagli sbirri che le chiedono: “Per quale motivo a quest’ora non sei ancora a casa?” e la molestano, se torna da un bar, come se fossero della buoncostume. Ed ecco come inizia l’interrogatorio: “I tuoi genitori sanno che bevi alcol? Chi è il ragazzo insieme a te? Torni a casa con lui? Dammi il numero di telefono di tuo padre che gli racconto che sei ubriaca. Lo sai che si potrebbe accusarti di prostituzione?” Uno di lore fa finta finta di scrivere per impressionare la vittima. La donna, se ha un biglietto da venti dinari, lo passa agli sbirri che se ne vanno contenti. Se non ha soldi, li deve supplicare per un’ora di lasciarla andare.
Manifestazione del 21 gennaio del 2016 a Kasserine |
MR: Quale sarebbe una vera rivoluzione per la Tunisia? Come cambiare questo paese?
http://promosaik.blogspot.com.tr/2016/02/tunisia-abbiamo-perso-le-nostre.html