Salah Lamrani, blogger e traduttore: “Riportare le voci nascoste e demonizzate ˮ
di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V. – Traduzione italiana di Raffaela Selmi.
Salah Lamrani è un insegnante, blogger e traduttore francese che da febbraio 2013 scrive sul blog ‘Sayed Hasan’; si è occupato di tradurre, tra l’altro, discorsi di Hassan Nasrallah, segretario generale dello Hezbollah, di Ali Khamenei, attuale Guida Suprema dell’Iran o di Vladimir Putin, Norman Finkelstein e Noam Chomsky. Di seguito riportiamo le sue risposte alla nostra intervista.
Milena Rampolidi: Che significato ha per Lei essere giornalista?
Salah Lamrani: Innanzitutto non mi considero un giornalista, ma piuttosto un blogger. In realtà se i cosiddetti “giornalisti” facessero il loro mestiere il mio lavoro non sarebbe necessario.
Ma poiché i giornalisti, o meglio “giornalettisti”, sono solo la grancassa servile della propaganda di stato, asservita a sua volta agli interessi economici della Casa Bianca, bisogna che qualcuno informi, o “reinformi” il pubblico sulla vera realtà degli avvenimenti, presentati sempre in maniera parziale e distorta dai media.
Il giornalista, come lo storico, deve “dire il vero”, raccontare gli avvenimenti come sono, con esattezza, il che è possibile solo se si è al corrente dei meccanismi (che li hanno provocati), occorrono il contatto con i fatti ed il coinvolgimento in prima persona, e naturalmente, l’impegno (coraggio)
Jean Jaurès diceva: “Il coraggio è cercare la verità e dirla; non seguire il diktat della menzogna imperante, e non essere l’eco, con la nostra anima, le nostre mani, le nostre parole, degli applausi ignoranti e delle ovazioni fanatiche.” Ecco, questo è per me il giornalismo
MR: Noi di ProMosaik e.V. siamo convinti che la perfetta obiettività non esista, e che bisogna riconoscere che in ogni giornalista c’è sempre una parte di soggettività. Lei cosa ne pensa?
SL: Sono completamente d’accordo. Non si può rimanere impassibili di fronte agli avvenimenti, c’è sempre un coinvolgimento, un “partito preso” nel resoconto che ne facciamo. C’è sempre una scelta nel decidere se raccontare una cosa o un’altra – come per esempio la mia scelta di riportare soprattutto le voci che vengono censurate o demonizzate, come quella di Sayed Ali Khamenei, Sayed Hassan Nasrallah o Vladimir Putin, voci con le quali mi trovo in accordo. Ma detto questo, che non significa tradire l’aderenza ai fatti (bisogna raccontare tutto, anche se ci disturba, mi è capitato di tradurre discorsi di Obama o Netanyahu, confido nel discernimento dei miei lettori), l’elemento scientifico del nostro lavoro di giornalisti non ne risente, anzi. Molto meglio dell’obiettività fasulla dei media, impastati di ideologia, che il 90% delle volte danno la parola ai potenti e agli oppressori e il 10% agli oppressi, e su queste dichiarazioni prive di riscontro dei fatti si forma la falsa opinione del pubblico. E’ necessario che la nostra ”obiettività” stia dalla parte dei deboli, degli oppressi, di chi non ha voce. Sono questioni sollevate da storici come Howard Zinn o Henri Guillemin, e giornalisti come Robert Fisk.
MR: Come scrive un Musulmano in un Occidente islamofobo?
SL: Io, come Musulmano e d Occidentale, ho il retroterra culturale, i riferimenti di entrambe le culture, e questo mi permette di parlare dell’Islam con le stesse categorie concettuali degli Occidentali, (e viceversa). L’Islam viene disprezzato, offeso, sminuito, ed è dovere di ogni musulmano controbattere con la verità agli attacchi, alle calunnie e diffamazioni. Ancor più se si riflette che la demonizzazione dell’Islam serve a distogliere il popolo dai reali problemi politici ed economici. E’ l’ignobile stratagemma del capro espiatorio utilizzato dovunque e in ogni tempo. Si può essere consapevoli di questa strumentalizzazione, o si può essere vittima di manipolazioni e pregiudizi.
La difesa dei musulmani e la difesa degli interessi e dei cittadini francesi hanno un elemento in comune: fintantoché si potranno sbandierare falsi problemi ed aizzare le folle contro falsi nemici, esterni o interni, i veri problemi resteranno ignorati e nascosti, e così si perpetueranno e i veri nemici continueranno a prosperare a spese dei popoli.
MR: ProMosaik e.V. si dichiara un antisionista filosemita. Lei cosa ne pensa?
SL: E’ una posizione che mi sembra assolutamente rigorosa. Alla base c’è la giusta distinzione tra sionismo e giudaismo/ebraismo, distinzione sistematicamente negata dai media e dagli uomini politici, volutamente o meno, per soffocare ogni critica a Israele. Quando Netanyahu dichiara che Israele è lo Stato degli Ebrei, e quindi parla ed agisce a nome di tutti gli ebrei, favorisce l’antisemitismo, perché se davvero Israele incarnasse l’ebraismo/giudaismo allora entrambi sarebbero da condannare. Anche in Francia si favorisce l’antisemitismo quando si riconoscono come portavoce della comunità ebrea il CRIF (Conseil Représentatif des Institutions juives de France)o l’UEJF (Union des Étudiants Juifs de France) (ultra-sionisti) o l’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee-USA), che rappresentano in realtà una piccolissima frangia estrema. Ci si dovrebbe chiedere perché, ad esempio, denunciare lo Stato Islamico sia un dovere per tutti, e soprattutto per i musulmani, senza che questo significhi assolutamente essere islamofobici (e sono d’accordo), mentre per gli Ebrei non è previsto lo stesso obbligo di denuncia del sionismo e d’Israele, anche questo non configurabile come gesto antisemita o antiebreo. I migliori proseliti dell’antisemitismo sono coloro che legittimano i discorsi filo-sionisti e filo-israeliani, accostandoli all’ebraismo/giudaismo; si tratta invece di pura e semplice apologia del terrorismo, Israele, o “Lo Stato Ebraico/giudaico” sono la stessa cosa come “Lo Stato islamico”, un’impostura da eliminare. Le questioni razziali/religiose non vanno confuse con la politica. Ebrei come Noam Chomsky e Norman Finkelstein, ed anche organizzazioni come Neturei Karta, denunciano Israele proprio in nome della loro identità ebrea; speriamo che questa loro voce sia sempre più forte e seguita.
MR: Come può, un giornalista adoperarsi per la pace e la giustizia?
SL: Si fanno le guerre e si commettono ingiustizie sulla base di pretesti menzogneri e sulla credulità dell’opinione pubblica. Proclamando la verità e denunciando l’oppressione possiamo smascherarla e contribuire ad opporvisi. E’ nostro dovere, soprattutto in Occidente, dove le popolazioni sono indottrinate dalla propaganda di Stato ed i governi sono i principali oppressori dei popoli del terzo mondo (e degli stessi popoli occidentali)).
Alla fine penso che i popoli oppressi riusciranno ad ottenere pace e giustizia attraverso la loro propria lotta. Ma il nostro campo di battaglia, in quanto occidentali, è soprattutto quello dell’informazione.
MR: Quali temi vengono principalmente trattati nel suo blog ?
SL: Mi interesso di geopolitica, Medio Oriente, Islam, e di storia della Francia.
http://promosaik.blogspot.com.tr/2015/11/salah-lamrani-blogger-e-traduttore.html