Razzisti per legge. L’Italia che discrimina
Yusuf frequenta il Liceo Garibaldi. Pur nato in Italia, per la legge Italiana è uno straniero. La sua classe è andata a Parigi. Lui è il solo che non è partito poiché gli uffici preposti al rinnovo del suo permesso di soggiorno erano in ritardo sui rilasci. Chandra vorrebbe far giungere il suo bambino dallo Sri Lanka, ma il soffitto della casa dove abita dista dal pavimento 2 cm meno di quanto prescrive la disciplina sul ricongiungimenti, così il figlio resterà lontano dalla madre chissà ancora per quanto. Sharu è divenuto clandestino perché il suo datore di lavoro non ha voluto metterlo in regola. Da oltre un anno è recluso in un Cie (Centro identificazione e espulsione), mentre il padrone della ditta dove faceva l’operaio prosegue indisturbato a lucrare sul lavoro nero e schiavistico. A Lampedusa, durante il picco dell’emergenza nella primavera 2011, il governo ha tralasciato di aumentare la fornitura d’acqua e di inviare una cucina da campo per preparare il necessario numero di pasti, così i tunisini sbarcati sono rimasti sporchi e affamati. Per questi e per innumerevoli altri casi, alla domanda “l’Italia è un paese razzista?”, questo libro risponde “sì”, per la più pervicace e meno evidente forma di discriminazione, quella delle leggi e delle istituzioni. La disparità di trattamento tra autoctoni e popolazione di origine straniera rischia di gettare le basi di una società divisa e diseguale, i cui effetti possono essere di enorme portata e di lunghissima durata.