Prof. Dr. Rudolf Bauer: CI TROVIAMO NEL MEZZO DI UNA GUERRA – Militarizzazione nell’epoca digitale
Traduzione italiana: Dr. phil. Milena Rampoldi di ProMosaik e.V.
“Immaginati che ci troviamo in guerra, e nessuno se ne accorge.“
(Scritta su un muro)
Monumento nei Bremer Wallanlagen dietro al Kunsthalle. La scritta anonima di protesta riportata nella foto è stata immediatamente rimossa.
Prima edizione (in lingua tedesca):
http://www.bremerfriedensforum.de/pdf/Militarisierung-im-Digitalen-Zeitalter.pdf
Indice | Titoli
CI TROVIAMO NEL MEZZO DI UNA GUERRA
Militarizzazione nell’epoca digitale
Introduzione |
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Il gruppo Venusberg |
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Linee guida militari per la “politica della sicurezza” europea |
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Il principio della “sicurezza” militare onnicomprensiva |
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Scenari minacciosi del gruppo Venusberg |
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“Progressi” sul fronte della militarizzazione |
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Orientamenti militari riguardanti la “programmazione strategica in ambito politico della sicurezza” “Programma di difesa” per le forze armate |
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“La solidarietà con i nostri soldati” Excursus: gli Stati Uniti quale esempio terrificante |
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L’agenzia della militarizzazione fondazione Bertelsmann |
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La fondazione e la multinazionale Obiettivo della fondazione “riorganizzazione di tutti gli aspetti della vita” Connessioni tra il settore militare e quello economico |
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Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann Bertelsmann e la militarizzazione della scienza Bertelsmann e la militarizzazione della politica La nostra presunta pace Lo spazio di lotta civile-militare Elenco delle fonti utilizzate e di approfondimenti |
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Introduzione
Nella sua opera del 2007, intitolata “Flat Earth News” (2007; traduzione italiana: notizie standardizzate), il collaboratore londinese del quotidiano “Guardian” Nick Davies scrive che la commercializzazione dei media ha cambiato in modo essenziale la loro modalità di funzionamento. Sempre meno giornalisti entro termini sempre più brevi devono produrre sempre più notizie. Questo fatto ovviamente limita la possibilità di effettuare delle ricerche approfondite e di correggere con attenzione le notizie.
Agenzie di pubbliche relazioni, guidate da determinati gruppi di interesse, fondazioni e fabbriche del pensiero in questo modo riescono sempre più facilmente a inserire le loro informazioni tendenziose nel circuito delle notizie, impedendo dunque una cronaca oggettiva ed indipendente. Konrad Hummler, presidente del Consiglio di Amministrazione del quotidiano “Neue Zürcher Zeitung”, non nega che l’”80 percento delle informazioni che ci raggiungono si sono formate all’interno di costellazioni specifiche di interesse. Alla fine, dietro le quinte, ci sono sempre questioni di potere che determinano il tutto.”
In seguito a questo sviluppo, la militarizzazione dei media in generale e delle notizie e dei commenti in particolare è diventata una cosa del tutto ovvia. Per mezzo di informazioni e media linguistici e visuali la militarizzazione persegue lo scopo di ancorare nelle masse una nuova forma di militarismo. Questo neo-militarismo focalizza sulla rappresentazione delle “soluzioni” di conflitti militari-bellici, identiche in tutto il mondo, senza permettere alternative. Le soluzioni militari-belliche vengono legittimate nel “nome della protezione”, e quasi nessuno si oppone a questa rappresentazione standard.
Mentre i consumatori ingenui di notizie si fanno informare e divertire, non si rendono neppure conto delle preparazioni delle guerre e della condizione bellica, in cui perversa il nostro mondo. Come se si trattasse del loro pane quotidiano, accettano le notizie sulle minacce terroristiche e i rapporti bellici del giornalismo inserito all’interno del flusso di informazioni diffuso nei media.
Qui di seguito si tratta di analizzare la modalità di funzionamento della militarizzazione odierna: Chi sono gli agenti del neo-militarismo? Attraverso quali scenari di pericolo si giustifica oggi il militarismo? Su quali piani strategici si basa? Chi sviluppa questi piani? La risposta fa riferimento ad un rapporto poco noto di un gruppo di esperti quasi conosciuto, ovvero il gruppo Venusberg. Questo gruppo già nel 2007 era stato incaricato dall’influente fondazione Bertelsmann di redigere un documento: ovvero il rapporto Venusberg, contenente le nuove “linee guida militari per la politica europea della sicurezza nell’epoca della globalizzazione.”
Il documento del gruppo Venusberg contiene considerazioni sulla militarizzazione dell’Europa – considerazioni che nel frattempo si concretizzano sempre di più e che determinano il pensiero militare della nostra epoca contemporanea. Il concetto è stato diffuso in diversi modi, tra cui uno dei mezzi importanti era quello collegato al nome di Bertelsmann, ovvero la fondazione Bertelsmann e il gruppo Bertelsmann sopra menzionati. La fondazione aveva pubblicato il rapporto Venusberg e il reparto dei media all’interno del gruppo Bertelsmann partecipava essenzialmente a rendere pubbliche a livello contenutistico le linee guida ivi contenute sulla militarizzazione dell’Europa e di ancorarle all’interno del dibattito pubblico.
Il gruppo Venusberg
Il gruppo, denominato secondo il luogo del suo incontro, Venusberg nei pressi di Bonn, fu formato nel 1999 nel contesto di un progetto iniziato dal centro per la ricerca politica applicata Centrum für Angewandte Politikforschung (CAP), denominato “La responsabilità europea nel contesto della politica mondiale”. Il progetto fu fondato per “riflettere sul futuro della sicurezza europea”. La composizione personale avvenne sotto la direzione della fondazione Bertelsmann e del gruppo di ricerca politica di Bertelsmann “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del CAP. I tredici membri del gruppo Venusberg furono reclutati dai ministeri, dal mondo scientifico, da istituzioni filo-militari e dalla fondazione stessa.
Del gruppo Venusberg tra l’altro facevano parte i seguenti membri:
- Un ex-direttore dello staff di programmazione presso il ministero federale tedesco della difesa di Berlino;
- Il vice-direttore della Fondation pour la recherche stratégique di Parigi;
- Il vice-direttore della direzione della politica della sicurezza del ministero federale austriaco della difesa del paese a Vienna;
- Un professore del reparto per gli studi strategici del collegio di difesa nazionale svedese a Stoccolma;
- Un professore per l’arte e la scienza della difesa operazionale dell’accademia di difesa olandese, impiegato come direttore scientifico dell’accademia di difesa del Regno Unito a Shrivenham;
- Un ex-ministro della difesa nazionale polacca da Varsavia;
- Un professore, presidente dell’Istituto Affari Internazionali ed ex-vice-direttore di stato nel ministero della difesa di Roma;
- Un professore di studi strategici e direttore del centro dell’Aia di studi strategici all’Aia.
Una caratteristica peculiare del gruppo Venusberg consisteva nel fatto che era stato costituito da un gruppo di esperti che né al livello della composizione né al livello dei compiti era legittimato e/o responsabile dal punto di vista democratico. Ciononostante e inoltre il gruppo Venusberg mediante la fondazione Bertelsmann e la multinazionale Bertelsmann possedeva un accesso privilegiato al mondo dei media in rete.
Linee guida militari per la “politica della sicurezza” europea
Inizialmente il rapporto Venusberg fu pubblicato nella sua prima edizione inglese del 2007. Nel 2008 fu poi anche resa accessibile la traduzione tedesca, intitolata: “Che cosa succederà dopo il 2010? Linee guida per la politica della sicurezza europea nell’epoca della globalizzazione” (Gütersloh: Bertelsmann Stiftung, febbraio 2008; qui di seguito i numeri indicati tra parentesi si riferiscono alle rispettive pagine dei passaggi citati dal documento del 2008).
Nel 2004 era stato pubblicato un rapporto Venusberg intitolato “A European Defence Strategy” (traduzione italiana: Una strategia europea della difesa). Nel 2005 seguiva una ricerca incentrata sulla seguente domanda: “Why the World needs a Strong Europe and Europe needs to be Strong. Ten Messages to the European Council” (traduzione italiana: Per quale motivo il mondo ha bisogno di un’Europa forte e perché l’Europa deve essere forte. Dieci messaggi al Consiglio Europeo). A differenza di questi documenti Venusberg incentrati sull’Europa, la fondazione Bertelsmann nel 2006 richiedeva quanto segue: “La Germania ha bisogno di una strategia di sicurezza nazionale (sic!)” (autore: Klaus Brummer).
Il documento delle linee guida del gruppo Venusberg si ripartisce in due sezioni. La prima sezione focalizza su delle tematiche di carattere generale. Inoltre riporta un elenco di scenari di minacce e gli “sviluppi” raggiunti fino al 2007 nel settore della militarizzazione. Nella seconda sezione si presentano le linee guida militari della “programmazione strategica in ambito politico della sicurezza”.
Il principio della “sicurezza” militare onnicomprensiva
Il progetto Venusberg della fondazione Bertelsmann sulla “Corresponsabilità europea nel settore della politica internazionale” formulò il concetto centrale di “un programma onnicomprensivo di impegno nel settore della sicurezza strategica nel contesto dell’intero settore civile-militare” (5). Una concezione di questo tipo richiederebbe “una visione strategica a lungo termine” (6). Il gruppo Venusberg parlava del suo compito centrale che consisterebbe nel convincere “l’Unione Europea (UE) della necessità di una politica estera e di sicurezza efficiente dell’Unione Europea (EU)” (5).
L’approccio inteso relativo ad un “concetto onnicomprensivo di sicurezza” dovrebbe perseguire lo scopo di creare “un collegamento efficiente dal punto di vista dei costi e strategico tra la sicurezza e la difesa e (tra) i mezzi e i progetti civili e militari” (6). Si richiedeva “l’equilibrio tra ‚hard security’ e ‚soft security’”. In altre parole: in Europa si trattava di creare un equilibrio tra il “componente strategico-militare forte e credibile” da una parte e la “sicurezza civile all’interno” dall’altra. Ma per un “periodo prevedibile il rapporto transatlantico [della cooperazione NATO con gli Stati Uniti; R. B.] … costituirebbe ancora la pietra angolare della sicurezza dell’Europa” (6).
Per giustificare la richiesta di elaborazione di una nuova concezione militare-politica – cosa da non credere – si faceva riferimento all’“aspetto negativo della globalizzazione” e ai “pericoli di un approccio alle relazioni internazionali, esclusivamente determinato dal mercato” (9; cfr. anche 17). Quest’argomentazione stupisce alquanto, visto che la fondazione Bertelsmann è proprio conosciuta come agenzia di propaganda (e la multinazionale Bertelsmann come fruitore) della globalizzazione, dell’ideologia neoliberale, dello stato poco invasivo e della politica della privatizzazione. Nota bene: Non si tratta poi tanto della verità, ma più dell’effetto; infatti nell’interesse della militarizzazione è obsoleto rifarsi alle leggi di mercato.
Scenari minacciosi del gruppo Venusberg
La lista delle cause intervenzioniste e belliche (vedi riquadro 1), redatta dal gruppo Venusberg, non dimenticava infatti di menzionare nessuno scenario di conflitto e di crisi immaginabile. Le minacce e dunque i motivi per agire a livello militare, andavano dai problemi di approvvigionamento energetico fino alla criminalità organizzata, dal terrorismo fino agli stati in fallimento, dalle patologie pandemiche fino alla proliferazione di armi nucleari, dalle limitazioni del commercio internazionale e della comunicazione fino alle catastrofi naturali e alla distruzione dell’ambiente.
Riquadro 1: motivi bellici e intervenzionisti secondo il rapporto Venusberg
Il documento del gruppo Venusberg elenca i seguenti motivi bellici e intervenzionisti:
- La concorrenza a causa delle scorte limitate di energia; l’energia (21) e/o l’“assicurazione dell’approvvigionamento energetico” (60) per l’Europa rappresenterebbe “l’interesse vitale numero 1” (21);
- Il radicalismo e il terrorismo motivati dalla religione; dunque l’“interesse vitale numero 2” consisterebbe nella “lotta al terrorismo e alla criminalità” (21);
- La lotta alla “criminalità organizzata” internazionale (20), ad esempio della pirateria;
- Il trasferimento di tecnologie con potenziale di distruzione di massa; “l’interesse vitale numero 3” consisterebbe nell’evitare la “diffusione di armi di distruzione di massa” (24);
- La lotta contro le pandemie, quali ad es. l’“influenza aviaria” (25), come l’“interesse vitale numero 4” dell’Europa (25);
- L’intervento nel caso di “fallimenti di stati”, ad esempio sul continente africano, quale “interesse fondamentale numero 1” (25);
- Motivo di intervento legato alle “guerre regionali” (25);
- Motivo di intervento legato alla distruzione dell’ambiente quale “interesse fondamentale numero 2” (26);
- “Human security”, ovvero violazioni dei diritti umani quale “interesse collettivo numero 1” (26 s.);
10. Aiuti d’urgenza e/o evitare catastrofi naturali quale “interesse collettivo numero 2” (27 s.), in questo caso si richiedono “operazioni umanitarie europee e di salvataggio” (28);
11. Interventi militari contro la messa a repentaglio dell’“ordine economico europeo” (60), incluso l’obiettivo di sopprimere militarmente i disordini politici interni;
12. La necessità di provvedimenti militari al fine di proteggere “le vie internazionali di approvvigionamento e di comunicazione” (60);
13. La necessità di intervenire al fine di “evitare danni all’infrastruttura critica e alle persone” (60).
Inoltre ci si riferiva anche alla competenza militare, nel caso in cui il sistema economico europeo fosse stato minacciato – e dunque nel caso della messa in questione del sistema economico globale, capitalista neo-liberale (appena citato come “aspetto negativo”). L’esercito fu sempre dichiarato la forza dell’ordine competente sempre ed ogni luogo – verso l’esterno e anche verso l’interno. La separazione tra la polizia e l’esercito viene eliminata.
“Progressi” sul fronte della militarizzazione
Dopo la lista delle minacce e dei conflitti di interesse, il rapporto Venusberg si mise ad elencare i progressi e gli interventi istituzionali, raggiunti fino al 2007 in Europa sul fronte militare-strategico (30ss.). In questo contesto si citavano gli interventi militari in Bosnia-Erzegovina e in Congo; le “missioni di polizia” in Palestina, Bosnia-Erzegovina e Congo; la “missione” per il rafforzamento dello stato di diritto iracheno; le “missioni” in Kosovo e Afghanistan; inoltre una serie di “missioni di osservazione” e “numerosi altri interventi al di fuori della competenza dell’unione” (31).
E da tempo i contingenti delle truppe tedesche si trovano anche in Somalia, sulle Seychelles, in Kosovo, Libano, nel Sudan meridionale, sul Corno d’Africa, in Uganda e sul confine turco-siriano. Le navi di spionaggio tedesche sono stazionate davanti alla costa siriana e riforniscono gli oppositori governativi con informazioni. La regione d’intervento delle soldatesse e dei soldati tedeschi nel mese di ottobre del 2013 comprendeva un’areale complessivo di circa cinque milioni di chilometri quadrati.
Inoltre il gruppo Venusberg mise in rilievo con riconoscimento la creazione dei Battle Groups europei, ovvero delle truppe di intervento UE orientate a seconda del paese e costituite da rispettivamente 1.500 soldati. Si lodavano anche le nuove unioni di combattimento dell’aviazione, della marina e delle forze speciali a sostegno delle Battle Groups (36). Infine il finanziamento della ricerca sulla sicurezza nel settore della prevenzione dei conflitti venne riconosciuta dal gruppo Venusberg.
Fino al 2007, all’interno dell’UE, furono create le seguenti istituzioni importanti a livello militare (cfr. 31): il comitato politico e politico della sicurezza Politische und Sicherheitspolitische Komitee (PSK); il comitato militare dell’Unione Europea (EUMC); lo Stato maggiore dell’Unione Europea (EU-MS); la cellulare civile-militare per la protezione del collegamento tra la gestione delle crisi civili e militari; il centro di crisi SitCen; il centro satellitare dell’UE SatCen che mette a disposizione i dati visuali dei satelliti militari e civili per i decisori dell’UE e i comandanti durante l’intervento; le istituzioni transfrontalieri della polizia e della giustizia di Europol e Eurojust.
Orientamenti militari riguardanti la “programmazione strategica nell’ambito politico della sicurezza”
Il documento di Venusberg quale risultato intermedio mise in rilievo quanto segue: La politica della sicurezza e della difesa europea (PESD) fino ad ora “si era concentrata su piccole guerre in Europa, anche se gli interessi dell’Europa pretendono dall’UE sia una visione globale della sicurezza che una risposta strategica onnipresente” (33); “gli europei non (hanno) altra scelta … che sviluppare ulteriormente l’ampiezza e l’intensità della loro collaborazione politica della sicurezza” (ebd.) Da questo fatto il gruppo Venusberg deduceva la necessità di una programmazione strategica che comprendesse in dettaglio quattro livelli di programmazione: un programma direzionale, un programma di cooperazione, un programma della difesa e un programma della solidarietà (40ss.).
1. Il programma direttivo concepito dal gruppo Venusberg ponderava il ruolo militare degli stati membri dell’UE. Prevedeva diversi gruppi direzionali:
- Un primo gruppo direzionale, costituito da Germania, Francia e Gran Bretagna quali i “tre grandi investitori europei nel settore della sicurezza” (10);
- Un secondo gruppo direzionale, costituito da Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Polonia.
- Ad un livello sottostante rispetto a questi primi due livelli direttivi si trovavano i restanti 19 stati membri. Tra questi alla Grecia veniva attribuito un ruolo particolare.
Il documento insisteva su una riforma urgente della decisionalità. Per sostenere il procedimento di decisione si ritenevano necessarie “competenze efficienti dei servizi dell’intelligence” (11).
2. Il programma di cooperazione (46ss.) formulava delle raccomandazioni nel settore della politica estera. Al di fuori degli Stati Uniti e della NATO quali “pilastri essenziali per la sicurezza” (48) sarebbero necessarie delle cooperazioni strategiche con “delle potenze emergenti nuove o con delle vecchie potenze riemergenti” (46). In questo contesto il documento Venusberg citava la Russia (46s.), la Cina e l’India (47s.) e inoltre “potenze regionali quali Brasile, Sudafrica, Corea del Sud ed Australia” (46).
“Programma di difesa” per le forze armate
3. Le forze armate erano la tematica centrale del programma di difesa di Venusberg che in dettaglio trattava i seguenti punti programmatici di base (51):
(I.) La “protezione territoriale dell’UE” che comprendeva i seguenti cinque elementi: sistema di protezione missilistica, dissuasione, difesa convenzionale, sovranità aerea e superamento delle conseguenze di un attacco “terroristico” (‚consequence management’)”. (12)
(II.) Sulla base di “forze armate efficienti ed adeguate” si dovrebbe sviluppare la “competenza di esercitare una coercizione efficiente” (12). L’“impiego di misure coercitive” sarebbe necessario al fine di “castigare gli attori antagonisti” (51).
(III.) Un altro “elemento nucleare della strategia europea” consisterebbe nella “forza di resistenza nelle misure di stabilizzazione e di ricostruzione” (51).
(IV.) La “lista dei compiti militari” (cfr. riquadro 2) dovrebbe essere aggiornata (52).
(V.) Inoltre sarebbero necessarie delle misure di “cooperazione transfrontaliera tra i rispettivi servizi di intelligence, la polizia e le forze armate” (54).
(VI.) Inoltre sarebbe necessario il consolidamento della “base europea dell’industria delle armi e della tecnica delle armi” (12).
(VII.) Secondo gli “insegnamenti tratti dall’esperienza in Afghanistan e in Iraq” sarebbe necessario reagire “militarmente a sfide asimmetriche” (54). Letteralmente si afferma: “Gli oppositori asimmetrici […] non hanno un punto di riferimento naturale come uno stato e di conseguenza non si può affrontarli in senso classico. Invece sono gli interventi militari complessi a trasformarsi nel caso normale. […] Il comitato militare dell’UE dovrebbe iniziare un programma di ricerca che spieghi le conseguenze che si avranno nel settore dello sviluppo continuo delle forze armate europee.” (54) “L’esperienza ci insegna che per le forze armate moderne su un terreno difficile risulta molto faticoso approfittare in modo ottimale dei loro vantaggi tecnici.” (Ebd.) – (Cfr. la sezione sui “low intensity conflicts” in Martin van Creveld, Die Zukunft des Krieges, Monaco di Baviera 1998.)
Riquadro 2: L’attualizzazione dell’“elenco dei compiti militari” comprende:
- La “messa a disposizione di truppe per il rafforzamento della sicurezza interna dell’UE o quale elemento nel contesto di una strategia europea per la lotta al terrorismo” mediante “forze di sicurezza e di supporto a livello regionale” sotto forma di compagnie di protezione della patria [nella Repubblica Federale Tedesca nel 2013 sono state istituite le prime forze di sicurezza e di supporto a livello regionale al fine di sostenere l’esercito federale tedesco all’interno del paese nel caso di catastrofi e calamità pesanti o assumere compiti di sorveglianza e di protezione per impianti militari e oggetti civili; il giornalista pubblicista e avvocato Rolf Gössner considera questo “un elemento di lotta militare contro le insurrezioni” di “parti della popolazione in insurrezione”];
- “Interventi per sostenere la pace e interventi umanitari”;
- Il “sostegno di provvedimenti dell’UE al fine di garantire la sicurezza economica”;
- Interventi in conflitti regionali sia all’interno che all’esterno dell’UE, “possibilmente anche in collaborazione con la NATO”;
- “Interventi preventivi in tutto il mondo” al fine di evitare attacchi terroristici in Europa o contro gli interessi europei;
- L’“applicazione di sanzioni nei confronti di stati che si trovano in possesso di armi di distruzione di massa, incluse la dissuasione nucleare”.
“Su tale base, una nuova concezione di programmazione dovrebbe anche definire le competenze militari e civili, … accordarle tra loro e sincronizzare i mezzi e le forze necessarie per gli interventi internazionali…” (52)
La conclusione del gruppo Venusberg: “L’Europa necessita di molte più truppe che siano capaci e in grado di eseguire interventi di coalizione più lunghi e più complessi all’estero. […] Innanzitutto si deve dare particolare importanza allo sviluppo di forze robuste da inviare all’estero. Queste al livello operazionale superiore devono essere dotate di rinforzi da parte di forze speciali e al livello inferiore da parte di forze di gendarmeria al fine di potersi rendere conto dei rispettivi compiti di stabilizzazione.” (13)
“La solidarietà con i nostri soldati”
4. Oltre al programma direzionale, di cooperazione e di difesa, il gruppo Venusberg aveva concepito un cosiddetto programma di solidarietà. Secondo questo programma il compito dei “politici dell’UE […] consisterebbe nel convincere tutti insieme la popolazione che si devono prendere delle misure per un futuro sicuro e che il tutto costerà molto impegno, responsabilità e denaro” (59). L’esercito stesso dovrebbe anche impegnarsi per rafforzare i collegamenti tra i soldati e la popolazione e far sì che “alti funzionari civili” del mondo politico, economico, scientifico e della società civile sostengano la loro causa.
Conformemente a quanto previsto nel piano di solidarietà, nel 2010 in Germania fu istituita una Tavola rotonda denominata “Solidarietà con i soldati”, in occasione della quale sono rappresentate sia le associazioni dei soldati e dei riservisti dell’esercito sia le chiese e la big band dell’esercito federale tedesco. L’obiettivo consiste nel far sì che “le soldatesse e i soldati e le loro famiglie si sentano accettati e capiti da parte del resto della società”. Su iniziativa della Tavola Rotonda nel 2013 le Poste Federali Tedesche emisero il “primo francobollo tedesco di solidarietà con i soldati”.
Un altro esempio della messa in pratica del piano di solidarietà di Venusberg: nell’ottobre del 2013 il presidente del Land Schleswig-Holstein, Torsten Albig, partecipò ad un “esercizio di difesa informativo volontario” a Osterholz-Scharmbeck in Bassa Sassonia. Secondo la cronaca dei media, Albig era lì per farsi un’idea del lavoro della “base delle forze armate, responsabile del supporto logistico e dell’approvvigionamento dell’esercito federale tedesco in Germania e all’estero”.
Il documento Venusberg riassumeva il tutto come segue: “Ai decisori politici non rimane altra scelta che condurre un dibattito onesto sulla politica della sicurezza con la popolazione.” (Ebd.) Inoltre, conformemente a quanto affermato dal concetto di solidarietà, sarebbe giunto il momento di prendere delle “misure contro l’immigrazione clandestina, la criminalità internazionale, il terrorismo strategico e le ideologie nemiche del sistema” (61).
Nell’intero rapporto della fondazione Bertelsmann, in collaborazione con il gruppo di ricerca politico di Bertelsmann “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del CAP, eccetto che in un’unica occasione, non si cita mai il termine militarizzazione. L’unica eccezione recita: “Il presente rapporto del gruppo Venusberg non si esprime a favore della militarizzazione dell’Europa.” (59) Spetta alla singola lettrice e al singolo lettore formarsi il proprio giudizio in merito.
Excursus: Gli Stati Uniti come esempio terrificante
Il catalogo di ricerca strategico del gruppo Venusberg del 2007/08 in tutta una serie di punti aveva ripreso delle posizioni che molti anni prima avevano rivestito un ruolo importante nel dibattito strategico-militare negli Stati Uniti. La politica militare del Pentagono per la politica europea della sicurezza e della difesa (PESD) rappresenta un modello terrificante.
Nel 1992 i consulenti del ministro della difesa USA di allora, Dick Cheney, compilarono il documento “Defense Planning Guidance” (traduzione italiana: Orientamenti per la programmazione della difesa). Il documento fu anche trasmesso ai quotidiani “New York Times” e “Washington Post” che lo pubblicarono. Per quanto riguarda gli obiettivi principali della politica estera degli Stati Uniti, nel documento furono post queste esigenze: “Innanzitutto evitare la formazione di una qualsiasi superpotenza globale o regionale capace di opporsi agli obiettivi americani; in secondo luogo assicurare l’accesso alle materie prime, in particolare al petrolio del Golfo Persico, evitando allo stesso tempo la diffusione di armi di distruzione di massa; e in terzo luogo l’autorizzazione unilaterale di operazioni militari quali l’unico mezzo per raggiungere questi obiettivi.” (Weber 2006: 142)
Quasi nello stesso periodo anche il generale a quattro stelle dell’esercito federale tedesco e ispettore generale Klaus Naumann diffuse un documento segreto in cui si richiedeva l’ampliamento delle competenze della NATO. Nel contesto di un “ampio concetto di sicurezza” fu raccomandato di considerare il “mantenimento di un commercio internazionale libero e dell’accesso alle materie prime strategiche” quale “rilevante per la sicurezza”. Questa richiesta di affermazioni degli interessi economici con mezzi militari in Germania si ripercosse nelle direttive politiche della difesa “Verteidigungspolitische Richtlinien” (VPR) del 1992.
Dopo la sua nomina nel 2001 a direttore del nuovo ufficio Office of Force Transformation (traduzione italiana: Ufficio per la trasformazione delle forze armate), l’ammiraglio fuori servizio Arthur K. Cebrowski in occasione di un’intervista spiegava: “Quasi tutte le nazioni passano dall’epoca dell’industrializzazione a quella dell’informazione. Una delle caratteristiche del passaggio verso l’epoca dell’informazione consiste nella caduta dei prezzi della tecnica dell’informazione di altissimo valore” che sarebbe accompagnata da “profondi cambiamenti” (citazione da Weber 2006: 135). Con “cambiamenti profondi” si intendono cambiamenti le cui conseguenze oggi sono all’ordine del giorno, ad esempio gli attacchi con gli aerei a pilotaggio remoto e lo spionaggio totale da parte dell’NSA in tutto il mondo.
I cambiamenti ai quali si allude nell’intervista di Cebrowski per giustificare guerre di aggressione si ritrovavano in un rapporto del governo statunitense del 2002 sulla strategia della sicurezza nazionale che recitava. “Gli Stati Uniti, visti gli obiettivi degli stati fantoccio e dei terroristi, non possono fidarsi esclusivamente di una posizione reattiva come in passato. […] Non dobbiamo permettere che i nostri nemici colpiscano per primi.” (citazione da Weber 2006: 137.) Questo significa che gli Stati Uniti rivendicano il loro diritto di colpire per primi.
Nella prefazione del rapporto sopra menzionato sulla strategia di sicurezza nazionale, il presidente George W. Bush si esprimeva come segue: “Oggi come oggi delle reti incerte di persone singole possono causare un grande disordine e immensa sofferenza nel nostro paese – e il tutto costa loro meno di un carro armato. […] È una questione di buonsenso e di autodifesa che gli Stati Uniti procedano contro queste minacce emergenti prima che acquistino un potere eccessivo.” (citazione da Weber 2006: 140.)
Agenzia di militarizzazione fondazione Bertelsmann
La politica militare degli Stati Uniti si ritrova anche in Europa. Un fattore pioniere di questo sviluppo in Germania è la fondazione Bertelsmann che dalla sua fondazione nel 1977 “è divenuta una delle fabbriche di pensiero neo-liberali più importante all’interno della Germania”. Questo fatto fu determinato dai ricercatori della comunicazione Jörg Becker e Christian Flatz in una brochure pubblicata da DGB-Bildungswerk, intitolata “Medien im Globalisierungsrausch – Kommt die Demokratie unter die Räder?” (traduzione italiana: I media nel delirio della globalizzazione – La democrazia viene investita?”) (2003).
La questione riguardante il danno alla democrazia è più che giustificata. Infatti non senza motivo Thomas Schuler al suo testo di saggistica, pubblicato nel 2010 e contenente delle ricerche sulla fondazione Bertelsmann, diede il titolo calzante “Bertelsmannrepublik Deutschland. Eine Stiftung macht Politik” (traduzione italiana: “Repubblica Bertelsmann Tedesca. Una fondazione che fa politica”). Come è noto, i capi di governo tedeschi Gerhard Schröder e l’amica di Liz-Mohn, Angela Merkel corteggiavano la fondazione Bertelsmann, rendendole continuamente omaggio (vedi estratto dell’articolo di giornale 1).
Estratto di giornale 1: Da “Junge Welt”, numero 16 del 19 gennaio 2012. L’articolo è intitolato: „Profit aus Zerstörung. Bertelsmann steigt groß ins Geschäft mit akademischer Bildung ein. Teilprivatisierung der Hochschulen hatte im Vorfeld die konzerneigene Stiftung besorgt“ (traduzione italiana: “Profitto dalla distruzione. Bertelsmann penetra profondamente negli affari della formazione accademica. La privatizzazione parziale degli istituti universitari è opera della fondazione appartenente alla multinazionale”).
La fondazione stessa impiega oltre 300 collaboratori. A livello internazionale agisce a New York (quale “Bertelsmann Foundation North America”) e a Barcellona (quale “Fundación Bertelsmann”) e anche mediante un ufficio di rappresentanza presso la Commissione Europea a Bruxelles. Inoltre presso la fondazione si trova anche un ufficio detto “Stabsstelle Internationaler Kulturdialog” (figura istituzionale del dialogo culturale internazionale).
La fondazione e la multinazionale
La sede centrale della fondazione Bertelsmann si trova a Gütersloh, anche sede del complesso aziendale Bertelsmann SE & Co. KGaA (società a comandita per azioni con una Societas Europaea quale socia esecutiva). La multinazionale Bertelsmann con un fatturato annuo di 18 miliardi di Euro e un profitto di 619 milioni di Euro (nel 2012) dispone di una rete internazionale e possiede numerose filiali all’estero.
76,9 % delle quote azionarie di tutta l’impresa Bertelsmann appartengono alla fondazione. I suoi diritti di voto spettano alla società amministrativa di Bertelsmann Bertelsmann-Verwaltungsgesellschaft sotto gli auspici della famiglia dei proprietari Mohn (vedi: Thomas Schuler, Die Mohns. Vom Provinzbuchhändler zum Weltkonzern: Die Familie hinter Bertelsmann, 2004). Dal punto di vista economico e legale-fiscale il costrutto aziendale che prevede il trasferimento di oltre due terzi delle quote azionarie della multinazionale alla fondazione riconosciuta e priva di scopo di lucro costituisce un modello per realizzare notevoli risparmi a favore dell’impresa.
La denominazione “fondazione” senza dubbio è ingannevole e il suo stato privo di scopo di lucro va messo in dubbio. La fondazione infatti lavora in modo operazionale, ovvero i progetti propri vengono finanziati esclusivamente con propri mezzi. Non vengono promossi interessi comuni di altre istituzioni sociali o culturali. La fondazione che può operare senza alcun controllo democratico persegue innanzitutto l’obiettivo legato al profitto, ovvero del profitto legato all’influenza politica e del profitto economico dell’impresa Bertelsmann. Anche nei casi in cui la motivazione di lucro non risulta manifesta, l’attività della fondazione serve sempre a promuovere l’immagine della fondazione e in fin dei conti gli interessi dell’omonima multinazionale nel settore del marketing. Nonostante tutto, le autorità finanziarie del Land Nordrhein-Westfalen tollerano lo stato privo di scopo di lucro della fondazione.
Obiettivo della fondazione “riorganizzazione di tutti gli aspetti della vita”
Il capitale della fondazione comprende 619 milioni di Euro e il bilancio annuario della fondazione circa 72 milioni di Euro (dati del 2008). Formulando degli obiettivi della fondazione molto ampi (vedi riquadro 3), il fondatore rivendica una posizione di potere sociale ed ideologico che in una democrazia ai sensi della costituzione spetta esclusivamente ai partiti e – in Germania – in parte anche alle Chiese. Comunque i partiti sottostanno ad un certo controllo democratico da parte del popolo avente diritto di voto e l’influenza delle Chiese si limita principalmente a prese di posizione relative a questioni di principio etiche. I responsabili della fondazione Bertelsmann invece non sono stati né votati dal popolo, né possiedono un’etica che si senta responsabile verso un’altra morale fuorché quella del denaro.
La fondazione Bertelsmann raggiunge i suoi obiettivi da una parte raggruppando a livello organizzativo le proprie risorse di ricerca materiali e personali, e dall’altra mediante le conoscenze scientifiche acquisite e la competenza degli esperti mediante perizie o ricerche assegnate. Inoltre la fondazione punta sulla cooperazione con numerose istituzioni: sia con altre fondazioni – persino con la fondazione vicina ai sindacati Hans Böckler-Stiftung e la fondazione dei “verdi” Heinrich-Böll-Stiftung – sia con organizzazioni quali ad esempio la centrale per i media didattici su internet, l’accademia evangelica Evangelische Akademie Loccum o l’istituto statale per la pedagogia prescolare Staatsinstitut für Frühpädagogik (IFP). Inoltre la fondazione, grazie al suo legame con la multinazionale Bertelsmann – ed è questo l’aspetto decisivo – dispone di un arsenale di propaganda “industriale della coscienza”, tipico delle dittature.
Riquadro 3: Gli obiettivi di fondazione della fondazione Bertelsmann
Quali obiettivi di fondazione lo statuto del Think Tank della multinazionale economica e dell’“impero mediatico”) (Böckelmann/Fischer 2004) cita le seguenti attività e i seguenti campi d’azione:
1. La ristrutturazione di tutti gli ambiti di vita secondo i principi del “mondo imprenditoriale e della giustizia meritocratica” e i sensi del modello di privatizzazione con una “presenza minimizzata dello stato”, al fine di poter raggiungere i seguenti scopi:
2. dare un contributo alla soluzione dei problemi sociali attuali e allo sviluppo sociale sulla base della concorrenza e dell’impegno socio-civile;
3. influenzare direttamente i decisori politici;
4. implementare progetti nei settori tematici di formazione, economia e sociale, culturale imprenditoriale, salute, dialogo internazionale, cultura e sviluppo della fondazione;
5. organizzare workshops, seminari e conferenze per incontri tra ufficiali e politici e gli esperti ideologicamente “vicini” alla fondazione;
6. il ranking degli attori sociali o dei settori in ambiti quali servizio di collocamento, sistema sanitario, amministrazione comunale, istituzioni di formazione, Länder o stati;
7. il ranking delle sedi al fine di valutare la politica economica di importanti stati industriali e paesi emergenti al fine di valutare le prospettive di crescita e di occupazione di questi paesi.
La fondazione Bertelsmann come Think Tank (termine che designa una commissione di esperti; tank nel linguaggio militare significa carro armato) in un certo senso funge da interfaccia. In essa si sovrappongono ed integrano cinque settori che rappresentano anche dei campi d’azione della militarizzazione al livello dell’intera società. In dettaglio si tratta dei settori economia, media, scienza e politica e degli altri segmenti sociali.
Connessioni tra il settore militare e quello economico
Le connessioni tra il settore militare e quello economico sono molteplici, ma spesso con riserva di segretezza. Manifesto è il collegamento militare-economico nel settore dell’industria delle armi. Meno manifeste sono invece le relazioni tra il settore militare e quello degli ambiti della produzione e dei servizi, che offrono merci impiegabili anche in ambito civile, ad esempio tutti i tipi di navi, veicoli ed aerei, stoffe, beni alimentari, mobili, oggetti di arredamento, elettronica, sistemi di vigilanza, notizie o offerte di divertimento.
Altre connessioni si hanno nei punti in cui determinati compiti rilevanti dal punto di vista militare quali amministrazione, rifornimento, trasporto e logistica vengono attribuiti a privati (operazione detta “outsourcing”) – come ad esempio alle ferrovie tedesche, alla posta, a Siemens e IBM. Eccezion fatta per l’industria delle armi, nei settori economici civili menzionati, non rilevanti dal punto di vista militare, si manifestano anche obiettivi imprenditoriali della multinazionale Bertelsmann.
Tra il settore militare e quello economico inoltre si possono osservare anche collegamenti personali e istituzionali, ad esempio nel caso del circolo di lavoro dell’esercito e dell’economia “Arbeitskreis Bundeswehr und Wirtschaft” con i rispettivi centri di consulenza e il “Celler Trialog”. Nell’ultimo caso i tratta di un foro costituito da rappresentanti del mondo politico ed economico e dell’esercito federale tedesco, organizzato dall’associazione “Deutsche Gesellschaft für Wehrtechnik e.V.” (traduzione italiana: società tedesca per la tecnica della difesa, associazione registrata) e la sua società di studi. Il gruppo persegue lo scopo di “rafforzare la rete della politica della sicurezza tedesca”. Nel mese di maggio del 2013 nel “Celler Trialog” si incontrarono il ministro federale della difesa, il presidente del produttore d’armi Rheinmetall AG e l’ispettore generale dell’esercito federale tedesco per discutere della questione “Politik – Bundeswehr – Wirtschaft: Kooperation oder Konkurrenz?” (traduzione italiana: Politica – Esercito federale tedesco – Economia: cooperazione o concorrenza?).
Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann
Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann possiede una rete internazionale e possiede numerose filiali estere. I circa 105.000 collaboratori si ripartiscono in quattro reparti dell’impresa (vedi il riquadro 4): Arvato AG, BMG/Bertelsmann Rights Management, Be Printers Group e il settore dei media con delle ramificazioni molto estese.
Riquadro 4: I settori imprenditoriali della multinazionale Bertelsmann
1. La società Arvato AG è un fornitore di outsourcing che dispone di una rete internazionale di 270 affiliate e oltre 63.000 collaboratori in oltre 35 paesi. L’aspetto centrale dell’offerta di servizi, impiegabile anche a scopi militari, consiste nella creazione, commercializzazione e gestione di media di memorizzazione digitale e di prodotti di stampa. Grazie a uno dei concetti cross-mediali, sviluppati dai settori commerciali dell’Arvato, con le tastiere di tutti i media (inclusi i social media), a seconda dei gruppi target, si può gestire l’intera larghezza di banda di richieste tematiche di clienti ai fini della gestione di campagne di promozione. L’uso è permesso anche alle amministrazioni pubbliche e all’esercito. Altri reparti dell’Arvato offrono reti per call center e programmi di assistenza clienti. Altri settori commerciali si riferiscono allo sviluppo di software e l’uso di servizi informatici e finanziari, tra cui informazioni economiche, diverse procedure di recupero crediti e incasso e una “lista nera” di assicurati che danno nell’occhio. A livello internazionale il reparto dell’impresa ogni giorno produce oltre sei milioni di supporti dati, CD e DVD, ma anche media stampati. L’Arvato gestisce propri negozi online per il commercio elettronico e li installa su richiesta del cliente. Infine la ditta dispone di un’offerta di soluzioni logistiche e di centri di logistica.
2. Il reparto dell’impresa BMG / Bertelsmann Rights Management comprende un gruppo internazionale di ditte musicali ed è specializzato nel settore della gestione dei diritti musicali. La sua sede centrale si trova a Berlino. Altri uffici si trovano a New York, Nashville, Los Angeles, Londra, Madrid, Milano, Parigi, Monaco di Baviera, Stoccolma, Dublino e Hilversum (nei Paesi Bassi).
3. Il gruppo Be Printers Group è un ramo dell’impresa Bertelsmann che opera nel settore dei servizi di stampa e della comunicazione. Questo settore riunisce a livello organizzativo la maggior parte di tutte le attività di stampa di Bertelsmann SE & Co. KGaA. Be Printers Group comprende 17 sedi produttive distribuite su sei paesi: Stati Uniti, Colombia, Spagna, Gran Bretagna e Germania. A livello organizzativo, il gruppo si suddivide in tre unità aziendali: Americas, Southern Europe e Prinovis.
4. I media di Bertelsmann (vedi riquadro 5)
La fondazione Bertelsmann, in particolare per quanto riguarda i settori degli affari rappresentati all’interno della multinazionale, è intimamente legata al mondo economico. Questo vale particolarmente per i settori produttivi e i servizi importanti in ambito militare, in particolare nel settore dei media dell’impresa. Giornali, radio e televisione da una parte sono le agenzie centrali della militarizzazione ideologica e dell’implementazione e del rafforzamento di strutture ideologiche militari. A questo aspetto fa anche riferimento Daniele Ganser, studioso della pace presso lo studio di ricerca per la politica della sicurezza presso l’ETH di Zurigo, quando costata: “Non è affatto difficile mettere popoli e culture una/o contro l’altra/o. È avvenuto continuamente nella storia e fa parte del repertorio di tutte le potenze egemoniche.”
Dall’altra i media – sia il settore dell’intrattenimento che i settori rivolti a gruppi particolari di spettatori – adempiono il loro compito di intrattenere, calmare e distrarre. Essi devono anche distrarre dai pericolo del neo-militarismo e ovviamente dal ruolo svolto da Bertelsmann e dai media di Bertelsmann nel processo della militarizzazione. Inoltre i mass-media diffondono i ranking, le dichiarazioni e i dossier della fondazione e dei suoi satelliti, quali ad esempio il documento del gruppo Venusberg, addobato di dettagli “scientifici”.
La multinazionale, strettamente collegata con la fondazione, integra tra loro quattro diversi reparti dei media (vedi il riquadro 5): ovvero libri, riviste e periodici, radio e televisione e l’infrastruttura necessaria per i media e il loro funzionamento. Anche le produzioni televisive rivestono un ruolo di notevole importanza nella “militarizzazione del pensiero” (Samuel Weber) e nella produzione, diffusione e nell’ancoraggio della “macchina per la guerra” (Peter Bürger) dell’industria dei media d’intrattenimento.
Le produzioni di film e televisive dell’industria della coscienza mediale sono strumenti della militarizzazione. Da una parte garantiscono i rapporti di dominio e di sfruttamento esistenti, producendo e diffondendo un clima generale di pericolo individuale e collettivo. Dall’altra contribuiscono alla pubblicazione e normalizzazione quotidiana della minaccia, del sospetto, della violenza, distruzione, criminalità, dell’omicidio e dell’uccisione. Senza muovere alcuna critica razionale, queste produzioni mirano all’appiattimento della ragione dei loro spettatori, ascoltatori e lettori. Questo non vale solo per i media che fanno parte della multinazionale Bertelsmann, ma anche per i media pubblici legali. I media, i media mainstream e la militarizzazione strisciante nel contesto delle quote degli ascoltatori rappresentano il tri-astro del neomilitarismo.
Riquadro 5: I media di Bertelsmann 1. Il reparto Bertelsmann libri è riunito nel gruppo editoriale Random House (RH) con sede a New York. In Germania RH riunisce 46 case editrici, tra cui DVA, Goldmann, Siedler, C. Bertelsmann, Heyne e Luchterhand Literaturverlag.
2. La casa editrice Gruner + Jahr pubblica riviste e periodici. A livello internazionale commercializza oltre 300 titoli, tra cui oltre 50 in Germania. Tra le riviste vi sono la rivista artistica Art, Brigitte, Capital, Eltern, Essen und Trinken, Gala, GEO, National Geographic Deutschland, Schöner Wohnen, Stern e le riviste di DB e Lufthansa. Bertelsmann detiene anche partecipazioni alla rivista “Spiegel”.
3. Nel settore radio-televisivo Bertelsmann, con RTL Group, è il più grande gestore europeo nel settore della televisione e della radio private, finanziate mediante pubblicità. Il gruppo RTL è anche rappresentato al di fuori dell’Europa; ad es. come “Big RTL Thrill” in Joint Venture con l’impresa televisiva indiana Reliance Broadcast Network. Del gruppo mediatico di RTL in tutto fanno parte 53 canali televisivi e 28 canali radio, tra cui in Germania le televisioni RTL Television, RTL II e Super RTL. RTL Television gestisce canali regionali in Assonia, ad Amburgo/Nord e a Colonia/Ovest e anche altre affiliate, quali ad esempio i canali VOX e n-tv e canali televisivi a pagamento quali RTL Crime, RTL Living e RTL Nitro. I canali di intrattenimento quali RTL e Vox con Dieter Bohlen e Daniela Katzenberger favoriscono “icone dell’intrattenimento televisivo” che Bernd Gäbler in una ricerca della fondazione Otto Brnner di IG Metall chiama “idoli vuoti”. Altri settori dell’imperio mediatico di RTL sono RTL interactive con le offerte online e per cellulari, il produttore di notizie info Network, CBC, che si occupa della produzione e della tecnica, e la società di commercializzazione IP Deutschland che agisce nel settore della vendita di spazi pubblicitari e offerte internet.
4. Il quarto segmento del settore mediatico comprende l’infrastruttura distributiva della multinazionale Bertelsmann: gli impianti di trasmissione, le tipografie e il Buch-Club (club libri) con tutte le sue filiali. I club supera i 25 milioni di membri. Oltre ai libri offre anche viaggi, focalizzando sui grandi mercati europei. |
Bertelsmann e la militarizzazione della scienza
Per influenzare le decisioni politiche e/o i decisori importanti secondo lo scopo della fondazione, la fondazione Bertelsmann non si serve solo del suo apparato scientifico. Si rifà anche ad una serie di istituzioni ed esperti scientifici, finanziati dalla fondazione, che dunque non sono indipendenti. La fondazione e i suoi satelliti academici intervengono come think tanks particolarmente in cinque ambiti politici: la politica dell’istruzione, la politica sanitaria, la politica del mercato del lavoro, la politica estera e della sicurezza e la politica dei media.
Nel settore della politica dell’istruzione la fondazione viene supportata dalle attività del centro per lo sviluppo universitario Centrum für Hochschulentwicklung (CHE) e del progetto della scuola indipendente “Projekt Selbstständige Schule” (chiamato anche progetto “scuola responsabile” o “scuola auto-responsabile”). L’ultimo progetto menzionato riguarda esperimenti modello e riforme dell’istruzione con i quali la fondazione Bertelsmann, in cooperazione con i ministeri competenti dei Länder, persegue lo scopo di rimodellare l’organizzazione della scuola.
La sede del CHE si trova a Gütersloh come la multinazionale di Bertelsmann. La sede periferica del CHE che esegue delle attività di consulenza economica è la società CHE Consult GmbH con sede a Berlino. Il centro personalmente si considera un’“officina di riforme” che persegue l’obiettivo di “liberalizzare e modernizzare” il panorama universitario tedesco. Questo scopo lo hanno perseguito progetti all’interno degli istituti universitari, degli studi, delle pubblicazioni, campagne e workshop e i ranking del CHE, alquanto criticati e messi in dubbio sul piano scientifico.
Il CHE, prendendo accordi con le associazioni degli imprenditori, orchestrando il tutto in modo efficiente sul piano mediatico, è riuscito a preparare le riforme universitarie come il processo Bologna. Nel corso di questo sviluppo, accompagnato da riduzioni di budget dei bilanci universitari, il settore della ricerca si apriva sempre di più e dipendeva maggiormente da professorati di fondazioni e ordini di ricerca finanziati da imprese del settore delle armi (vedi: Jetzt entrüsten! Hochschulen: Zukunftswerkstätten oder Kriegs-„Dienstleister“?, Stoccarda 2012). Il risultato finale: le riforme e i ranking del CHE hanno provocato un adattamento unidimensionale degli istituti superiori e delle università agli imperativi economici e dell’economia delle armi.
In modo simile come la fondazione Bertelsmann promuove il CHE nel settore della politica dell’istruzione ed universitaria, nel settore sanitario finanzia il centro di gestione ospedaliera Centrum für Krankenhaus-Management (CKM) presso l’università di Münster. Qui inoltre finanzia un professorato della fondazione per la gestione ospedaliera. In questo e in altri modi la fondazione influenza la politica sanitaria (vedi Matthias Volke 2010 e Hermann Werle 2010). L’interesse della famiglia Mohn, proprietaria di Bertelsmann, nel settore commerciale-sanitario si manifesta tra l’altro nei seguenti aspetti: Barbara Mohn è membro del comitato esecutivo di Rhön-Klinikum AG, di cui era anche membro l’ex ministro della difesa tedesco zu Guttenberg (vedi estratto dell’articolo di giornale 2). Nel caso di Rhön-Klinikum AG si tratta di una società di amministrazione di ospedali, cliniche e centri di approvvigionamento medico quotata in borsa. La società per azioni nel 2012 ottenne un profitto di 91,97 milioni di Euro con un fatturato complessivo di 2,87 miliardi di Euro.
Estratto di giornale 2: Da “Weser Kurier”, numero 244 del 17 ottobre 2009 in occasione di un rapporto sul funerale di Reinhard Mohn, il capofamiglia defunto della famiglia Mohn, proprietaria di Bertelsmann.
Relazioni personali quali quelle del CKM sussistono anche nel settore della ricerca, dell’insegnamento e della consulenza attraverso il centro per gli investimenti e le innovazioni sociali Centrum für soziale Investitionen und Innovationen (CSI) presso l’università di Heidelberg. Il CSI agisce quale agenzia di ricerca per il settore non lucrativo in Germania ed Europa. Il suo direttore delegato, Volker Then, in passato era il direttore del settore sulle fondazioni e la società civile presso la fondazione Bertelsmann.
Vicina all’“imperio mediatico” di Bertelsmann (Böckelmann/Fischler 2004), la fondazione, come ci si aspetta, agisce anch’essa nel settore politico dei media (vedi Leidinger/Schöller 2010). Ma anche le regolamentazioni nel settore della politica del mercato del lavoro e le riduzioni del regime IV furono propagate dalla fondazione Bertelsmann.
L’esperta di diritto sociale Helga Spindler ha dimostrato in dettaglio come i gruppi di lavoro della fondazione Bertelsmann “dal 1999, insieme a numerosi esperti, hanno lavorato in modo mirato su questo tema e propagato costantemente il peggioramento delle posizioni giuridiche dei disoccupati” (Spindler 2010, 303). In seguito alle regole di Hartz e il suo “taglio” quasi militare, le lavoratrici e i lavoratori temporanei vengono spostati da un luogo di lavoro all’altro, come su un fronte bellico.
Bertelsmann e la militarizzazione della politica
Uno strumento particolarmente efficiente per influenzare politica e società consiste nel centro sopra menzionato in relazione al gruppo Venusberg, il centro di ricerca politica applicata Centrum für angewandte Politikforschung (CAP) presso l’università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. Il CAP si considera il più grande istituto universitario di consulenza politica in Germania. Si colloca all’interfaccia tra scienza, politica e media, si occupa di questioni europee ed internazionali e fornisce progetti di riforme dell’UE e analisi militari rilevanti e raccomandazioni sulla “politica della sicurezza” della Germania e dell’UE.
Il CAP parla dell’unione europea come della sua area di lavoro principale in senso lato. In questo contesto vengono integrate questioni sull’armamento e militari e tematiche quali il Medio Oriente, le relazioni transatlantiche con gli USA e l’estensione orientale (della NATO). La fondazione Bertelsmann finanzia anche il gruppo di ricerca “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik2, fondato nel 1999 presso il CAP.
Nel contesto della penetrazione militare della società rivestono anche un ruolo importante i progetti della fondazione Bertelsmann nel settore della sicurezza interna e del volontariato. La fondazione si impegna a cooperare con i sindaci e le amministrazioni comunali, associazioni di beneficienza e organizzazione della società civile, come le chiese ed altre fondazioni. Inoltre intrattiene relazioni con le fondazioni dei partiti e con l’unione tedesca dei sindacati Deutscher Gewerkschaftsbund (vedi estratto di giornale 3).
Estratto di giornale 3: Da “Junge Welt”, numero 244 del 21 ottobre 2013. Titolo: “Friedenspolitik à la DGB” (traduzione italiana: politica della pace à la DGB).
Riassumendo, la fondazione Bertelsmann è un tipo di centrale all’interno di una rete da essa finanziata nei settori dell’informazione e della comunicazione che riveste quattro funzioni.
- Da una parte attraverso i collegamenti della rete gli obiettivi politico-economici e le concezioni neoliberali, incluse le visioni politico-militari della fondazione e della casa madre Bertelsmann, vengono comunicate e diffuse, tra l’altro servendosi dei media stampati, radio e televisivi che appartengono alla multinazionale. Anche il mondo della politica, tra cui il cancelliere Angela Merkel, ama far riferimento alla cronaca favorevole e alle home stories, provando un legame di amicizia con la dirigente di Bertelsmann, Liz Mohn (vedi estratto di giornale 4).
Estratto di giornale 4: Da “Der Tagesspiegel”, numero 19 321 del 24 settembre 2006. L’articolo di Harald Schumann è intitolato: „Macht ohne Mandat. Die Experten der Bertelsmann-Stiftung sind in der deutschen Politik allgegenwärtig: Von den Kommunen bis zum Kanzleramt, von den Hochschulen bis zur Sozialhilfe. Frage: Beraten sie die Politiker nur – oder machen sie selbst Politik?“ (traduzione italiana: Potere senza mandato. Gli esperti della fondazione di Bertelsmann sono onnipresenti sulla scena politica tedesca: Dai comuni fino all’ufficio del cancelliere, dalle università fino ai sussidi sociali. Domanda: Offrono solo consulenza ai politici, o fanno politica loro stessi?”
- In secondo luogo, la fondazione, rappresentata a Madrid e New York con le sue filiali internazionali, mediante il suo modo di presentarsi pseudo-serio e sostenuto da risultati di studi scientifici, si dimostra utile a livello globale per curare l’immagine nell’interesse di tutti i settori dell’impresa di Bertelsmann SE & Co. KGaA.
- In terzo luogo: I contatti e i programmi della fondazione servono a curare i clienti e soprattutto a generare una domanda di prodotti della multinazionale e ottenere nuovi clienti ed acquirenti. Questo aspetto si manifesta tra l’altro nel settore dell’istruzione e della formazione, delle amministrazioni comunali e nelle scienze dell’informazione, nella vendita e gestione degli indirizzi, nelle campagne e nella logistica.
- Infine, la fondazione Bertelsmann, nel contesto del calcolo della massimizzazione dei profitti della multinazionale, ha un posto fisso non solo come agenzia di marketing insospettabile, ma anche come “oasi fiscale”.
La nostra presunta pace
Il gruppo di Venusberg, fondato dalla “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del CAP, si esprime con veemenza a favore di una militarizzazione dell’Europa, mentre lo nega. Infatti la scelta militaristica costituita dalla fabbrica del “pensiero” della fondazione Bertelsmann e il gruppo “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del CAP viene imballata con agilità linguistica in una pellicola di sicurezza e di responsabilità di protezione e servita in modo talmente affascinante che si potrebbe pensare: chi qui pensa male, è un monello.
Negare l’intenzione della militarizzazione e il suo camuffamento con i mezzi linguistici sono altre manifestazioni del neo-militarismo. Sono tipiche dei suoi agenti che sono guerrafondai “soft”. Tematizzare questo aspetto, analizzando i suoi dettagli, presuppone la spiegazione di metodi di inganno di dimensioni orwelliane (vedi Orwell, 1984: “Guerra è pace, libertà schiavismo, e ignoranza forza.”) e la messa a nudo delle manipolazioni di annebbiamento del dizionario dell’uomo-bestia moderno (vedi Sternberger / Storz / Süskind: Aus dem Wörterbuch des Unmenschen, Amburgo 1957; Monaco di Baviera 1962).
Ma va nuovamente accentuato che i portavoce e le agenzie della militarizzazione attuale agiscono in una relazione di collegamento in rete democratica incontrollata che non deve giustificarsi nei confronti della popolazione e che dall’estero non si riesce a comprendere e perscrutare. Inoltre ottengono una risonanza mediatica particolare che non deve sfidare alcun dibattito pubblico antagonistico di rilievo. Sulla base dell’esempio degli scenari minacciosi e delle linee guida da essi dedotte a livello strategico militare del gruppo Venusberg abbiamo avuto modo di rilevare che i processi e le funzioni della militarizzazione oggi sono molto più molteplici e stratificati rispetto al passato, anche grazie all’elettronica e al suo sviluppo.
Nella società dell’informazione e dei media dell’epoca digitale domina ovunque la presenza dell’aspetto militare. La neo-militarizzazione penetra nel mondo delle informazioni e della loro presentazione mediatica. Il concetto attuale della strategia militare da una parte si orienta ancora all’idea classico-tradizionale del militarismo della grande guerra di “uno stato contro l’altro” o di un “blocco contro un blocco” o “dei buoni e degli intenzionati contro gli stati fantoccio”. Al fine di intervenire a livello militare, da un lato si parte ancora da un nemico dall’altra parte. Normalmente si tratta delle forze armate di un altro stato territoriale o di altri stati territoriali alleati tra loro.
Lo spazio di lotta civile-militare
Dall’altra, la concezione tradizionale della battaglia “simmetrica” contro un esercito nemico non identificabile viene integrata e superata per mezzo dell’idea paranoica della guerra “asimmetrica” neo-militarista. Al posto del campo di battaglia bidimensionale, in cui gli eserciti si contrappongono e si combattono, ora si colloca l’idea di uno spazio di lotta tridimensionale (“battle space”) che si estende a tutto il mondo. Questo tipo di guerra non conosce confini territoriali, ma parte dal presupposto dell’onnipresenza della minaccia, del sabotaggio e del terrorismo.
Finché non si risveglia la coscienza critica, opponendosi ai rapporti dominanti, l’aspetto civile e militare nell’epoca digitale si sovrappongono e si amalgamano. Già nel 1982 il politologo e sociologo militare Wilfried von Bredow nel suo studio intitolato “Moderner Militarismus” faceva presente che si “sta offuscando sempre di più la separazione rigida tra i settori civile e militare” (pag. 111). Per questo il neo-militarismo appare meno marziale e bellico del militarismo classico delle guerre mondiali del Novecento. La guerra nell’epoca digitale non è meno brutale della guerra del passato, ma appare più morbida, variopinta, dinamica e eccitante e variegata, come il gioco sulle console da gioco.
Visto che il settore civile e quello militare si penetrano a vicenda, ci sentiamo ancora dei soggetti liberi, anche se in verità siamo vittime della militarizzazione. Quando ci informiamo o comunichiamo gli uni con gli altri, quando consumiamo qualcosa o organizziamo e programmiamo qualcosa, quando prendiamo un appuntamento con qualcuno o vogliamo sapere qualcosa, quando studiamo e lavoriamo – siamo nel mirino del neo-militarismo e dunque una potenziale vittima dello stesso. Tutti noi e ognuno di noi siamo visti come potenziali nemici. Ognuna e ognuno di noi, ovvero noi tutti, tendiamo essere presi di mira da una macchina di sorveglianza, di spionaggio e di eliminazione che spara a caso addosso a tutto e tutti. Allo stesso tempo e in modo sostenibile ognuno di noi e ognuna di noi siamo infettati con il virus della paura, che ci dice che il nostro vicino è il nostro nemico.
Da questo punto di vista e a causa della presenza mediatica quotidiana dell’evento bellico nel mondo, fin da oggi ci troviamo nel mezzo di una guerra. La situazione bellica è presente, anche se in Germania in questo momento non ci sono soldati uccisi e non ci sono civili militari uccisi, non ci sono abitazioni colpite da bombe, fabbriche distrutte e infrastrutture rovinate, non ci sono immigrate ed immigrati le cui barche da fuggitivi si ribaltano davanti alle nostre coste, non ci sono profughi di guerra che deteriorano in campi di massa … tutti questi scenario sono lontani da noi.
Ma questa situazione di “ancora-pace” è un’illusione ingannevole. Si basa sul fatto che altre persone in un altro luogo e al posto nostro sanguinano, vengono sloggiate, imprigionate, torturate ed uccise, che in un altro luogo domina la distruzione e che in un altro luogo si devono portare dei sacrifici indescrivibili e allo stesso tempo insensati.
Elenco delle fonti utilizzate e di testi di approfondimento
- Su Bertelsmann, la fondazione Bertelsmann e i media
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Idem: Bürgergesellschaft als Bertelsmann-Projekt. In: Bode u. a. (editore), Bürgergesellschaft als Projekt. Wiesbaden 2009, 265-291
Idem: “Bertelsmannisierung” der Bürgergesellschaft. In: Krauß et alia (editore), Soziale Arbeit zwischen Ökonomisierung und Selbstbestimmung. Kassel 2009, 485-501
Idem: Global Player Bertelsmann. In: Blätter für deutsche und internationale Politik 8/2007, 1003-1009
Biermann, Werner / Arno Klönne: Agenda Bertelsmann. Ein Konzern stiftet Politik. Colonia 2007
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Davies, Nick: Flat Earth News. An Award-winning Reporter Exposes Falsehood, Distortion and Propaganda in the Global Media. Londra 2007
DGB Bildungswerk (editore): Medien im Globalisierungsrausch – Kommt die Demokratie unter die Räder? Düsseldorf 2003
Friedländer, Saul et alia: Bertelsmann im Dritten Reich. Monaco di Baviera 2002
Gäbler, Bernd: Hohle Idole. Was Bohlen, Klum und Katzenberger so erfolgreich macht. Eine Studie der Otto-Brenner-Stiftung. Francoforte sul Meno 2012
Lehning, Thomas: Das Medienhaus. Geschichte und Gegenwart des Bertelsmann-Konzerns. Monaco di Baviera 2004
Leidinger, Christiane / Oliver Schöller: Medienpolitische Aktivitäten der Bertelsmann Stiftung. In: Wernicke et alia, 89-110
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Idem: Bertelsmannrepublik Deutschland. Eine Stiftung macht Politik. Francoforte / New York 2010
Spindler, Helga: War auch die Hartz-Reform ein Bertelsmann-Projekt? In: Wernicke et alia, 279-311
Trepp, Gian: Bertelsmann. Eine deutsche Geschichte. Zurigo 2007
Wernicke et alia (editore): Netzwerk der Macht – Bertelsmann. Der medial-politische Komplex aus Gütersloh, seconda edizione, Marburgo 2010
Volke, Matthias: Das Konzept „Eigenverantwortung“ und die Individualisierung der Gesundheitsprävention. In: Wernicke et alia, 247-260
Werle, Hermann: Nach der Reform ist vor der Reform. In: Wernicke et alia, 261-275
- Sulla guerra, la militarizzazione e il militarismo
Bertelsmann-Stiftung (editore): Was folgt nach 2010? Leitlinien für die europäische Sicherheitspolitik im Zeitalter der Globalisierung. Gütersloh 2008
Bredow, Wilfried von: Moderner Militarismus. Analyse und Kritik. Stoccarda, Berlino, Colonia, Magonza 1982
Bürger, Peter: Bildermaschine für den Krieg. Das Kino und die Militarisierung der Weltgesellschaft. Hannover 2007
Creveld, Martin van: Die Zukunft des Krieges, Monaco di Baviera 2001
Jetzt entrüsten! Hochschulen: Zukunftswerkstätten oder Kriegs-„Dienstleister“? Stoccarda 2012
Solidar-Werkstatt Österreich (editore): „Denn der Menschheit drohen Kriege …“ Neutralität contra EU-Großmachtswahn. Linz 20013
Weber, Samuel: Gelegenheitsziele. Zur Militarisierung des Denkens. Zurigo, Berlino 2006
Elenco dei collegamenti ipertestuali
- Sulla critica nei confronti di Bertelsmann
http://de.wikipedia.org/wiki/Bertelsmann-Stiftung
http://wiki.bildung-schadet-nicht.de
http://www.nachdenkseiten.de/?cat=27
http://www.bertelsmannkritik.de/index.htm