Per la liberazione definitiva degli schiavi nel nome dell’Islam e per la lotta agli atteggiamenti antiabolizionistici
Quest’opera della Dr. Rampoldi, pubblicata da ProMosaik e.V., intende continuare il percorso sulla schiavitù e le lotte antischiaviste nelle società musulmane. Nel primo volume l’autrice si era occupata dell’analisi storica della schiavitù mauritana del Prof. Kane. In questo testo persegue invece l’obiettivo primario di affermare l’egalitarismo islamico al fine di combattere lo schiavismo nel nome dell’Islam e dei suoi principi di base all’insegna dell’eguaglianza e della giustizia.
Nel primo capitolo, a partire dal versetto coranico centrale 90:12-13, in cui si afferma “E chi ti farà comprendere cos’è la via ascendente? È riscattare un prigioniero (schiavo)”, la Dr. Rampoldi delinea i principi di base dell’egalitarismo islamico, basati sulla Creazione di tutti gli uomini da un solo essere (Corano 4:1) e sul seguente detto del Profeta (sas):
“Chi è testimone di un’ingiustizia o se percepisce un’esigenza che deve essere soddisfatta, deve portare dei cambiamenti con le proprie mani: nel caso in cui ciò non fosse possibile, allora dovrebbe cercare di ottenere questi cambiamenti con la propria parola. Se anche la parola fallisse, allora deve pregare affinché tali cambiamenti abbiano luogo”.
Ecco una citazione del Cardinale Charles Martial Allemand Lavigerie (1825-1892), un abolizionista cattolico impegnato, che nel 1888 si espresse come segue a proposito della schiavitù nell’Islam:
“… il Corano non gode della schiavitù … il Corano va oltre, poiché pone la liberazione dei prigionieri in cima alla lista delle opere pie e i credenti che le compiono meritano il cielo …. Tuttavia ci sono delle usanze che si conservano semplicemente per via della lunga tradizione, la quale conferisce loro un carattere sacro, per cui risulta impossibile eliminarle di colpo.”