Fabio Testini: poeta e insegnante di teatro
di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V. – Un’intervista molto bella con Fabio Testini, scrittore, poeta e insegnante di teatro a Istanbul, in passato anche giornalista. Gli ho posto delle domande sulla poesia, sull’importanza della poesia come forza per cambiare la vita sociale.
La poesia ha anche una forza particolare per sconvolgere il mondo verso il meglio in quanto tocca gli animi delle persone. Promuove la giustizia, la pace e il dialogo interculturale tra persone diversissimi.
La poesia ha anche una forza particolare per sconvolgere il mondo verso il meglio in quanto tocca gli animi delle persone. Promuove la giustizia, la pace e il dialogo interculturale tra persone diversissimi.
Milena Rampoldi: Che cosa significa per te la poesia nella tua vita personale e sociale? Quali sono le tematiche principali delle tue poesie?
Fabio Testini: Ho cominciato molto presto a descrivere le mie emozioni attraverso le parole scritte, perchè è sempre stato il modo per me più comodo per parlarmi, in una sorta di linguaggio in codice che soltanto io avrei potuto decifrare (n.d.r. aspetto che rende le mie poesie giovanili abbastanza criptiche). Mi piace definirmi una sorta di fotografo che ricorda con la penna le sue esperienze.
La mia poesia non è mai stata solo la rima tra amore, cuore, dolore… ho sempre cercato di andare oltre, attraverso una successione di emozioni, descrizioni, che pur mantenendo il ritmo poetico, potessero rompere con la metrica tradizionale, conducendole alla piena affermazione anche nel verso libero.
Mi è sempre piaciuto sperimentare, cercare nuove forme di espressione, guardare oltre lo steccato, con uno stile e un linguaggio diretto, con la volontà precisa di raccontare, oltre me, anche tutto il resto…
MR: Come può la poesia sostenere il dialogo interculturale? Che possibilità vedi di sostenere l’azione socio-politica per la pace e la giustizia attraverso la poesia?
FT: Riferendosi all’approccio verso la poesia in generale, esistono diverse reazioni legittime con variabili libere, diverse e disparate, incontrollabili, non facilmente gestibili. E proprio per questa sua naturale indeterminazione – dove per determinante intendo anche diretto, concreto, efficace – seppur detto a malincuore, non penso che la poesia possa avere un ruolo risolutivo o fondamentale. O meglio, non credo che la poesia classica, nella sua espressione più “tradizionale”, possa oggi essere il mezzo migliore per una crescita in questo senso, nè da un punto di vista socio-politico nè tantomeno per un proficuo scambio interculturale.
Ritenevo che la poesia dovesse innanzi tutto provocare emozioni, reazioni certo… ma anche azioni. Prese di coscienza e di posizione.
Purtroppo viviamo questi tempi, tempi diversi in cui sono possibili infinite nuove forme di espressione che si evolvono e sperimentano strade creative alternative.
Del resto, quanti oggi sono davvero interessati alla poesia nel senso più classico del termine? Quanti rispetto al passato credono che possa avere un’azione salvifica, rigenerante? Ci si aspetta ancora, come in passato, che le poesia possa suggerire, influire, colpire, scalfire, indirizzare? E nel caso, come si fa a definire quale sia il modo, lo stile, il mezzo migliore per raggiungere il risultato?
Al giorno d’oggi la poesia come è stata sempre intesa non ha più un potere reale, non può creare legami di cooperazione o dialoghi di collaborazione, non può come in passato, influenzare processi di pace o dominare le ingiustizie.
MR: Che rapporto vedi tra teatro e agire politico per cambiare la società?
FT: Viviamo in un momento storico tristemente drammatico.
Disinteresse e indifferenza, il qualunquismo, stanno ridisegnando l’agire politico e la vita sociale di ognuno di noi.
Io sono fermamente convinto che le cose peggiorano e non cambiano anche per colpa nostra, che sopravviviamo nel disinteresse generalizzato. Siamo tutti in mano ad un ceto politico molto spesso inadeguato e corrotto, influenzati indirettamente dalle scelte delle lobbies e le decisioni di pochi.
E noi tutti, gli altri, chi più chi meno, siamo indifferenti alla gravità della situazione: non ne siamo affatto sorpresi e, cosa molto grave, impassibili lasciamo che il naufragio ci porti non si sa dove.
Ecco, ciò che trovo davvero deprimente è questo smarrimento che serpeggia nella nostra società. Il teatro può e deve fornire spunti esperienziali, dare risposte, alimentare dubbi, e proprio il teatro “politico”, come mezzo, ha un’importanza rilevante.
La sua funzione primaria è quella di indirizzarsi ad una critica del presente al passato, e ad una critica del passato al presente.
Agire politico attraverso il teatro, è quindi farsi portatore di istanze, essere testimone degli eventi più rilevanti di una comunità nel proprio tempo. Periodo in cui in una società si mette in circuito la memoria e il presente, l’attuale e l’inattuale, i nuovi bisogni culturali e sociali.
Ma come già detto anche per la poesia, per avere speranza penso sia fondamentale cercare sempre nuove idee, indicazione alternative, perchè il teatro ha bisogno di essere costantemente e fortemente sostenuto, soprattutto per la memoria e le generazioni future.
MR: Che cosa significa per te giornalismo impegnato?
FT: Una società civile che voglia esser considerata tale, deve considerare la giustizia come valore assoluto. Una società libera e giusta, non può non investire risorse morali, etiche, sociali, nella costante ricerca della verità, nell’affermazione e legimitizzazione di pluralità di voci e posizioni, nella denuncia costruttiva e nella diffusione di notizie rilevanti per il bene comune. Chi governa gestisce, manipola, ha tutto l’interesse a contrastare, minimizzare, ostracizzare e addirittura occultare tutte le informazioni che potrebbero minare le posizioni acquisite, lo status quo molto spesso raggiunto grazie a compromessi, irregolarità o crimini di ogni sorta.
Perchè anche la conoscenza, nell’accezione più ampia del termine, deve essere uno dei principi fondamentali al progresso umano, al tendersi al suo compimento materiale ed immateriale. Purtroppo l’ignoranza diffusa, la mancanza di coscienza collettiva, quella che prima chiamavo conoscenza, in questo caso la sua mancanza, è sempre stato storicamente il mezzo più potente in mano a ai governanti.
Atteggiamento che alimenta un paradosso, considerando la fortuna che abbiamo di vivere in un tempo in cui grazie soprattutto alle nuove tecnologie, nonostante le possibili censure o limitazioni, vi sono infinite possibilità di capire, di sapere, di formarsi opinioni concrete.
http://promosaik.blogspot.com.tr/2016/03/fabio-testini-poeta-e-insegnante-di.html