Acqua, Habitat e Uomo: una recensione di un’opera di James McClinktock

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di Maria Grazia Beltrami, ProMosaik e.V. – Una recensione dell’opera di James McClinktock, intitolata A Naturalist Goes Fishing: Casting in Fragile Waters from the Gulf of Mexico to New Zealand’s South Island, un’opera che ci permette di comprendere l’importante legame tra diritti umani e diritti dell’ambiente. Un approccio interessante che parte dall’ambiente invece di partire dall’uomo e ci fa ripensare l’importanza della protezione dell’ambiente e del rispetto della natura che ci circonde. 
 
 
Ancorati come sono alla realtà e abituati ad osservarla da vicino senza pregiudizi, i naturalisti sono solitamente ottimi scrittori. McClintock, docente universitario di biologia marina, non fa eccezione e offre a noi, che siamo pescatori solo quando il pesce è nel piatto, un’affascinante cronaca della sua attività di pescatore sportivo, scritta con uno stile che non ha nulla da invidiare al meraviglioso e famosissimo Tre uomini in barca.
Il volume è diviso in dieci capitoli, ciascuno dei quali prende a pretesto una battuta di pesca in un particolare habitat, lacustre, fluviale o marino che sia, per descrivere la specie ittica caratteristica del luogo, la sua etologia e il suo habitat ottimale e le modifiche che questo habitat ha subito ad opera dell’uomo.
 
L’argomento non è peregrino, perché è l’acqua, e non la terra, il substrato che fornisce a noi esseri umani la gran parte del nostro sostentamento, e la sterilizzazione biologica dei bacini idrologici avrebbe conseguenze disastrose sulla nostra sopravvivenza.
 
Di particolare interesse sono i capitoli dedicati al Golfo del Messico, narrato dal punto di vista ambientale e della popolazione ittica prima e dopo il tremendo incidente avvenuto nel 2010 con l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, quello relativo all’Antartico, nel quale vengono descritti in maniera dettagliata gli effetti sulla popolazione marina del riscaldamento globale e dell’acidificazione delle acque  causata dall’assorbimento dell’anidride carbonica di origine antropica, e quello relativo alla pesca delle acciughe in Francia, nel quale ci è dato scoprire, con grande tristezza, che la mancanza di regolamentazione della pesca a uso commerciale ha ridotto la popolazione di acciughe nel Mediterraneo in modo talmente drastico da renderla impossibile, al punto che tutte le acciughe che arrivano oggi sulle nostre tavole arrivano dall’Atlantico.
 
Libro da leggere con piacere per la brillante scrittura, è interessante sia per chi ha una formazione naturalistica sia per chi è interessato solo alla salvaguardia dell’ambiente, sperando che sia presto tradotto anche in italiano.
 

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