Donne nella professione legale: un’intervista con Giovanna Cipolla

di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V. – Un’interessante intervista con l’avvocatessa Giovanna Cipolla, Presidente del Comitato per le Pari Opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano. L’ho conosciuta in occasione del convegno del 9 ottobre a Bolzano. Per rileggere gli interventi del congresso rinvio ai seguenti articoli di ProMosaik e.V.:
Don Paolo Renner, Stefano Catalano, Milena Rampoldi

Vorrei ringraziare moltissimo la Dott.ssa Cipolla per i suoi importanti spunti di riflessione sul tema.

Milena Rampoldi: Che cosa significa il femminismo per te personalmente, nella tua vita e nella tua professione?
 
Giovanna Cipolla: Per me il femminismo che come ogni termine con desinenza in “ismo”  assume una valenza non positiva. E’ un movimento culturale degli anni 60 e 70 che ha favorito l’emancipazione delle donne e la loro presa di coscienza dei propri diritti  nella società, sia dentro che fuori casa. Sono quindi grata a tutte quelle donne che con la loro battaglia mi consentono oggi di ritenere normale che io possa svolgere la libera professione e che altre donne possano agire a livelli alti nelle altre professioni ed anche in politica.  Sono grata alle femministe di quegli anni perché io posso vivere da sola, posso mantenermi  senza aver bisogno della manus paterna o di un marito che gestisca la mia vita, ma posso scegliere, almeno sulla carta, come operare nella mia esistenza.
 
 
 
MR: Che ne pensi dell’idea del mosaico per promuovere un discorso sulle pari opportunita’ basato sulla diversita’ delle donne e sul dialogo tra religioni e culture diverse?
 
GC: L’idea del mosaico è bella a patto di rimuovere  nelle singole culture le visioni che ritengono la donna unicamente soggetto da proteggere e in virtù della sua diversità la relegano in ruoli marginali della società dove non possano incidere magari dettandone le regole.
 
 
MR: Quali sono gli ostacoli principali con cui devono lottare le donne nella professione giuridica in Italia?
 
GC: Sul punto ci sono stati diversi studi. Ricordo uno studio del Censis che ha fotografato la situazione della avvocate in Italia. In sostanza l’elemento che è emerso è che pur essendo numericamente molto vicine ai colleghi maschi, le avvocate in italia guadagnano praticamente la metà di questi: ciò è dovuto da un lato al tipo di incarichi che solitamente assumono le donne (diritto di famiglia, minorile, condomini etc) rispetto a quelli molto più remunerativi dei colleghi, dall’altro spesso per potersi dedicare anche alla famiglia non sono titolari di studio ma semplici collaboratrici, magari a part-time con evidente sacrifico anche economico.
 
MR: Che ne pensi della nostra posizione sul velo islamico come diritto di espressione religiosa femminile, da distinguere dall’attribuzione della giudice allo stato?
 
GC: Io ho una visione molto personale. Io credo fortemente nella laicità, anche se sono credente. Penso che tutti debbano poter professare nei luoghi e nei tempi a ciò deputati la loro fede, ma ritengo che la religione di un fatto principalmente privato. L’esibizione quale essenza della propria personalità dell’appartenenza ad un credo piuttosto che un altro faccio fatica a capirla. Io in quanto cristiana ritengo che posso esserlo anche senza girare con un crocifisso attaccato al collo o senza il velo delle suore in testa: è il mio comportamento verso gli altri ed il mio pensiero che mi distingue, non l’abbigliamento. Inoltre ritengo che alcuni tipi di abbigliamento non fanno che accentuare la differenza e la sottomissione delle donne: da noi fino ad un secolo fa le donne che giravano a capo scoperto erano considerate poco di buono.  La prima emancipazione è quella di non dover essere sempre valutate moralmente come depositarie del pudore e della virtù, ma al pari degli uomini come persone valide e per bene per come operano nella società.
 
 
 
MR: Come possiamo contribuire al dialogo con l’islam oggi in tutti i settori, per lottare contro il clima islamofobo?
 
GC: Non ritengo che ci sia una diffusa islamofobia. Nella mia professione non è riscontrabile, né nel resto del mondo professionale che conosco e frequento. Se in alcuni ambiti può profilarsi forse è il caso che lo stesso mondo islamico prenda le distanze da quanti al suo interno seminano il terrore nel mondo ormai da anni.
 
MR: Che cosa hai raggiunto finora con il tuo impegno per le pari opportunita’ e quali sono i tuoi obiettivi futuri?
 GC: Innanzi tutto la consapevolezza che l’uguaglianza formale  di diritti e doveri tra uomo e donna, seppure prevista nella carta costituzionale, necessita di impegno nella pratica perché si realizzi in modo sostanziale. Ho avuto la soddisfazione  di incontrare colleghe che mi hanno ringraziato di aver aperto loro gli occhi ed averle stimolate ad impegnarsi per la collettività, magari proponendosi per cariche di rilievo all’interno dell’avvocatura. Infatti se si vogliono promuovere dei modelli di lavoro più adeguati alle esigenze femminili è necessario che alla redazione delle relative regole partecipino anche le donne. Uno dei problemi della società italiana infatti , ma anche europea da quel che ho appreso, è che le donne incontrano il cd. “tetto di cristallo”: ovvero seppur preparate e eccellenti nei loro rispettivi ambiti lavorativi non riescono ad arrivare ai vertici dove effettivamente si gestisce il potere (politico ed economico). I miei obiettivi futuri consistono nel rendere sempre più consapevoli le mie colleghe e dare il mio piccolo  contributo alla evoluzione culturale della società.

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